sabato 31 gennaio 2015

Vinsanto, che dire di più


Nel 1439 il Concilio fu spostato da Ferrara, per l’arrivo della peste (che qualcuno considerò insperata evenienza) in quella città, a Firenze. Un certo malanno afflisse comunque un po’ tutti : parziale sordità. Per ben due volte patriarchi greci parlarono e furono equivocati. Una volta quando si mangiò arista (Aristos) e un’altra quando fu bevuto vinsanto (Xantos, o forse Xanthos), che allora si chiamava vin pretto. Normalmente si pensa il vinsanto come vino dolce o, come si dice, da dessert. In realtà può avere caratteristiche proprie di un vino secco. La produzione di vinsanto avviene principalmente mescolando uve trebbiano toscano e malvasia (colore da giallo paglierino al dorato, all’ambrato intenso; odore etereo, intenso, caratteristico; sapore armonico, vellutato con più pronunciata rotondità per il tipo amabile). La situazione effettiva è assai più varia. [Illustrazione: Vinsanto]

A Montepulciano, e in Valdichiana, si fa vinsanto usando anche uve grechetto, che prende il nome locale di pulcinculo (colore dal giallo dorato all'ambrato intenso; odore intenso etereo caratteristico di frutta matura; sapore ampio, vellutato, con intensa rotondità).

A S.Gimignano si aggiunge invece, e c’era da aspettarselo, l’uva vernaccia (colore dal giallo carico al dorato; odore etereo, intenso, caratteristico; sapore armonico, vellutato, persistente).

Anche a Montecarlo si usano le uve del grande bianco locale : pinot, roussanne, sauvignon, semillon, trebbiano, vermentino (colore giallo paglierino al dorato, all’ambrato intenso; odore etereo, intenso, caratteristico; sapore armonico, vellutato).

In Valdinievole la compagine prevede trebbiano, malvasia, canaiolo e vermentino, il risultato è complesso in maniera proporzionale (colore dal paglierino all'ambrato più o meno fulvo; odore intenso, etereo, tipico; sapore armonico, morbido con retrogusto amarognolo caratteristico).

Il vinsanto delle Apuane contiene uve vermentino e albarola (colore dal paglierino all'ambrato più o meno intenso; odore etereo, intenso, aromatico; sapore armonico).

All’Isola d’Elba oltre al resto si fa vinsanto, con uve ansonica e vermentino oltre, naturalmente, a trebbiano, che si prende colà il nome procanico.


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Biscottini


Cantucci

Una battaglia persa in partenza. Non c’è ricetta che riporti tutti gli ingredienti, non c’è ricetta che fornisca le giuste proporzioni, e tanto il forno di cottura è essenziale, e questo e quest’altro. Se ne propone una versione con quantità ridotte di zucchero.

Ingredienti d’impasto :
  • uova ….. 5 (e 5 tuorli), 
  • zucchero ….. 500g.

Montare accuratamente le uova con lo zucchero.

Altri ingredienti d’impasto :
  • farina ….. 1000g,
  • mandorle ….. 200g, 
  • essenza di arancia. 

Aggiungere e amalgamare la farina setacciata e l’essenza di arancia, impastare accuratamente, versare le mandorle incorporandole. Con l’impasto piuttosto sodo che si ottiene, formare dei filoncini larghi cinque centimetri e alti uno. Posizionare carta da forno su una teglia e adagiare i filoncini. Spennellare di tuorlo sbattuto. Cuocere in forno a 170°C per circa mezz’ora. Spengere il forno. Dopo dieci minuti estrarre la teglia e tagliare obliquo i filoncini ogni due centimetri. Rimettere nel forno spento per dieci minuti. Come contrappunto meglio scegliere Vinsanto.
La ricetta è tratta da : Bisenzio tradizioni e cucina - U. Mannucci e parzialmente modificata.


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Tonno


La sconsiderata razzia di tonno rosso (Thunnus thynnus) che si attua da anni, ha reso questa specie “in via di estinzione”. Quello che si trova normalmente sui banchi delle pescherie è “pinne gialle”.

Ingredienti principali :
  • tonno fresco ….. 1 trancio, 
  • erba cipollina. 

Serve una fetta alta circa 3 cm.

Ingredienti di cottura :
  • buon vino rosso ….. 100g. 

Scaldare la padella su fuoco vivace. Posizionare la fetta di tonno, spennellata di olio, sulla padella. Fare cuocere pochi minuti poi rivoltare la fetta e dorare anche sull’altro lato. Aggiungere il vino e far evaporare. Spolverare erba cipollina. Mettere coperto al caldo per qualche minuto, quindi trasferire nel piatto. [19] Per cucinare il pesce fresco, la freschezza è tutto. La carbonata accentua il requisito. Usando vino bianco secco e profumo di aglio si confezionano Triglie di scoglio e anche altro pescato.

[19] Il fine cottura è “ a vista”o, ancora meglio, quando il centro del trancio raggiunge una temperatura tra 45 e 50°C.


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Risotto nero, e Venere c'entra. Se è la dea della bellezza.


Singolare preparazione che utilizza quinto-quarto di pesce : l’inchiostro delle seppie. 

Ingredienti principali :
  • riso ….. 500g, 
  • seppie ….. 500g, 
  • bietole ….. 500g. 

Le seppie devono ancora avere il sacchetto dell’inchiostro,che va messo da parte durante la preparazione : levare l’osso, la bocca e gli occhi, lavare bene e tagliare a pezzi. Lavare le bietole (solo foglie) e ridurle a strisce. 

Ingredienti di preparazione : 
  • olio ….. q.b., 
  • cipolla ….. 1 piccola, 
  • sale, pepe.  

Tritare la cipolla e farla rosolare nell’olio, aggiungere le seppie e farle colorare. Mettere le bietole. Salare.

Ingredienti di cottura : 
  • buon vino bianco secco ….. 200g,
  • acqua calda ….. q.b. 

Bietole e seppie vanno cotte per circa trenta minuti a calore moderato, mescolare ogni tanto. Aggiungere il riso e il vino, continuare la cottura per un quarto d’ora. Salare e mettere un po’ d’acqua calda se necessario. Versare l’inchiostro delle seppie, messo da parte, nel recipiente di cottura. In cinque minuti sarà pronto, aggiungere pepe macinato e rimestare. Non tutte le versioni del riso nero utilizzano anche le bietole (specialmente nella zona costiera).


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giovedì 29 gennaio 2015

Quinto quarto, se la matematica non è un'opinione


Questo termine è nato per l’uso di dividere in quarti i quadrupedi macellati. Lo si può vedere come assurdo geometrico. O come sorpresa : si è ottenuto più di quanto ci si aspettava. La cucina toscana inventa per ogni singola parte una preparazione. Si può ammannire un pranzo di golosità e, infine, chiudere col dolce.


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Norcineria


La carne di suino conservata per il consumo futuro viene preparata usando praticamente ogni parte del maiale, ciò che conferma le dicerie sulla bontà delle sue carni, ovunque si trovino.


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Non è proprio formaggio, è un candido piacere


Ricotta

Pressochè ovunque si produce una “ricotta di pecora” dalla caratteristica consistenza cremosa o quasi spugnosa, colore bianco e sapore dolce e delicato. La conformazione tipica è un tronco di cono dovuto alle forme in cui viene fatta scolare. In qualche caso l’eliminazione del siero è più spinta e la ricotta acquista una consistenza maggiormente cremosa e un sapore che l’avvicina al formaggio fresco (zona Apuane). [56]

Giuncata

Altra produzione ubiquitaria riguarda la” giuncata”. Se ne fanno di latte di pecora e anche di latte vaccino, la forma è un tronco di cono più o meno allargato e schiacciato. Consistenza molle per tutti e colore bianco, il sapore acidulo (dolce per le giuncate vaccine). Viene preparata col latte crudo di pecora, nel senese in inverno fino a primavera inoltrata, nel pistoiese in autunno-inverno. Col latte vaccino pastorizzato si fa nel Mugello durante tutto l’anno.

[56] La ricotta viene prodotta col siero di latte e pertanto non è formaggio.


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Arrosto - Umido


La carbonata è la cottura in padella, posta su una sorgente di calore, che produce il rivestimento dell'ingrediente con una crosticina superficiale dorata o brunita. Viene ottenuta senza la presenza di grassi liberi, con eventuale aggiunta di pochi liquidi destinati ad essere velocemente evaporati e mantenendo l’interno dell’ingrediente praticamente crudo (o cotto a puntino in caso di maiale). 
La cottura protratta fino ad un certo livello desiderato, in presenza di piccole quantità di grassi liberi e liquidi aggiunti destinati in parte ad una veloce evaporazione e in parte a formare insieme coi grassi il liquido di cottura, prende il nome di “arrosto morto”. Questo particolare caso ha una variante di rilievo in cui la cottura avviene all’interno del forno e si chiama “arrosto”. 
La cottura fino al limite di consistenza dell’ingrediente, in presenza di grassi liberi e di liquidi di cottura di vario tipo, va sotto il nome collettivo di “umido”.
La cucina toscana ha molte preparazioni di “arrosto morto” : tagli bovini, ovini e suini, anatra, pollo, piccione, coniglio e cacciagione. 
Esempi di “arrosto” (cottura in forno) : arista e paparo al melangolo (alias canard à l’orange). Quest’ultima preparazione è parte della cucina francese più che di quella toscana vista l’elaborazione dei cuochi transalpini sulla ricetta che Caterina de’ Medici si portò dietro andando in sposa ad un futuro re di Francia. 
Tra gli umidi genuinamente autoctoni bisogna contare almeno : scottiglia, hamim, stiracchio, peposo, cacciucco, ….. e le preparazioni che mantengono viva la fricassea.


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mercoledì 28 gennaio 2015

Carbonata (ve ne andate? Ma è la fiorentina!)

Nella novella 108 del suo “Il trecentonovelle” Franco Sacchetti racconta di un certo Testa « … il quale avea per usanza ogni mattina di bere a buon’ora … », che una bella mattina «… perchè’l vino non gli facesse noia, e anco per poter bere meglio, prese una fetta di carne salata, e … se n’andò alla cucina … mettendo la detta carne sulla bracia …». Poi, siccome aveva un incontro importante, mise la carne dentro un panino « … per non perdere quella sua arrosticciana o carbonata che vogliamo dire …» e se la nascose sotto le vesti (si tralasciano gli sviluppi della vicenda) [14]. Di pochi anni successiva è la ricetta “Per fare carbonata” descritta dal Maestro Martino. «Togli la carne salata che [sia] vergellata di grasso et magro inseme, et tagliala in fette, et ponile accocere ne la padella et non le lassare troppo cocere. » [15] E’ una cottura in padella.

Bistecca alla fiorentina

Il nome indica una tecnica diversa che attraversa tutte le ere dell’umanità : la grigliata su carbone (di legna), alias contemporaneo ,“barbecue”. Applicata anche per realizzare una ricetta universalmente nota: la Bistecca alla Fiorentina. Le caratteristiche principali possono essere così elencate :
  • taglio “alla fiorentina” (l’osso ha una forma a “T”, con il controfiletto da una parte e il filetto dall’altra) ricavato nella zona lombare e frollata correttamente,
  • la lombata deve essere di manzo della razza chianina o chianino-maremmana, 
  • peso della bistecca non minore di 7-800g (assai di più volendo omogenizzare la cottura con la bistecca appoggiata alla griglia ma in verticale sull’osso),
  • la carne non deve essere battuta né lavata, a temperatura ambiente,
  • il calore di cottura proviene da fuoco di legna o carbonella, senza fumo e senza fiamma libera nella zona della griglia, che va ben scaldata prima di posare la carne,
  • si dovrà formare una crosticina scura sulle due superfici esterne, che racchiudono uno strato interno sanguinolento (cottura di circa un minuto per cm di spessore sui due lati)[16], successivo riposo al coperto e al caldo per qualche minuto prima di mangiarsela.


La reperibilità è poco agevole. Vediamo. Si dà per scontato che il bovino venga sezionato con la tecnica tradizionale (applicata almeno alla zona lombare). I bovini delle razze indicate non sono mai stati particolarmente numerosi. Nel 1932 fu approvato lo standard di razza e attuato il libro genealogico. Poi il disciplinare IGP (Indicazione Geografica Protetta : il primo in Italia). Secondo i dati degli ultimi anni vengono macellati circa 5000 capi all’anno. A 50 bistecche per ogni capo fa 250.000 bistecche in totale. Per manzo si intende un bovino fino a 3 (femmina che non ha mai partorito) o 4 (maschio castrato) anni di età.
Sbirciando qua e là nella documentazione delle varie associazioni di addetti ai lavori, si nota che la vita documentata dei capi non oltrepassa i ventiquattro mesi (ved. nota [2]). Secondo G.Vissani «Il massimo è la bistecca di vacca, con le sue venature di grasso giallognolo, cotta alla brace su legna di leccio». [17] [18]
La carbonata trasforma gli ingredienti solo in superficie, la parte interna aumenta di temperatura ma presenta tutti i gradi di cottura restando sostanzialmente cruda (« … et ponile accocere ne la padella et non le lassare troppo cocere …»). Altra caratteristica di rilievo è che gli ingredienti così preparati bastano a se stessi.
La carne di bovino non è l’unico prodotto che la cucina toscana usa in questo modo.


[2] Questo, bisogna dirlo, è un bel problema. La sciagurata vicenda di mucca pazza ha provocato (o reso possibile ?) la pratica sparizione di qualunque tipo di bovino che non sia vitella di latte o vitellone. Ciò mette a rischio tutte le cucine regionali italiane che impiegano bovini di ogni età (dalla vitella al bue). In particolare rischiano di più le ricette a lunga cottura. Bue brasato al barolo non si può fare col vitellone.
[14] F.Sacchetti – Il trecentonovelle (scritto probabilemente intorno al 1392-3)
[15] Maestro Martino: Libro de arte coquinaria – In : E. Faccioli, Arte della cucina, Milano 1966
[16] Carni povere di tessuto connettivo come quelle dei quarti posteriori di bovino, vanno cotte per brevi periodi ad alta temperatura.
[17] G. Vissani : La grande cucina di G.Vissani
[18] Vacca : bovino femmina di età superiore a 3 anni che ha già partorito.


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Fricassea


“Di limonia di polli (Anonimo toscano, op. cit.)”
«Friggansi li polli col lardo e cipolle, ….. col brodo de la carne del porco, e colisi, e cocansi con li detti polli e spezie. ….. spessisi il brodo colle tuorla d'ova; e quando sirà presso l'ora del ministrare, metti in quello succhio di limoni, ….. . » (ricetta già presente nel “Liber de coquina” op. cit.)

E’ una preparazione antica, sistematica invenzione . Il cibreo, le cèe, ma anche pollo (come nella “Limonia”), e verdure, e altre carni. Si inizia con del burro che si scioglie nel tegame insieme con la farina, rimestando con un cucchiaio di legno per evitare grumi, poi il tutto comincia a colorarsi. Questo progredire di eventi è noto in cucina come “roux”.

Ingredienti principali : 
  • vitello (oppure agnello, pollo, …..) ….. 1kg.  

Tagliare la carne a pezzi non troppo piccoli. 

Ingredienti di preparazione : 
  • burro ….. 100g, 
  • farina ….. 1 cucchiaio,
  • brodo caldo ….. 500g.  

Quando il roux è biondo versare metà del brodo caldo e rimestare. All’ebollizione aggiungere i pezzi di carne. Rigirare, salare, chiudere il coperchio e cuocere per circa tre quarti d’ora a fuoco moderato, aggiungendo eventualmente altro brodo caldo. 

Ingredienti di amalgama : 
  • tuorli ….. 4,
  • limoni ….. 2, 
  • sale, pepe. 

Sbattere i tuorli con il succo dei limoni, sale e pepe. Aggiungere alla carne mescolando bene. Togliere dal fuoco.

Addendum del 5 febbraio 2015

La ricetta che segue non è stata inserita a suo tempo nel corpus :-)
Si tratta di errore per più motivi. Intanto è una di quelle che più vi (ai miei figli) sono piaciute. Eppoi si tratta di un caso forse non raro ma decisamente infrequente di fricassea applicata ai primi piatti cerealicoli. Una tale mancanza deve essere colmata.

Risotto con le erbe

Ingredienti di preparazione:
  • cipolla ..... 1,
  • burro ..... 50,
  • prezzemolo.

Fare un battuto di cipolla e prezzemolo. Soffriggerli col burro in un tegame capiente.
Ingredienti
  • riso ..... 500,
  • brodo ..... 1000,
  • bietole ..... 500.

Aggiungere il riso e poi il brodo bollente. Dopo dieci minuti di cottura gettare dentro anche le bietole pulite, lavate e tritate.

Ingredienti
  • uova ..... 2,
  • succo di mezzo limone,
  • parmigiano grattugiato,
  • maggiorana,
  • sale, pepe.

Sbattere le uova col parmigiano grattugiato il succo di limone e la maggiorana.
Quando il risotto è al dente e piuttosto asciutto, spengere il fuoco e mescolare velocemente con la salsa. Servire subito dopo.


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Aceto e salsa d'agresto


Aceto

C’è una singolare somiglianza tra l’aceto e il pane. Entrambi vengono preparati a partire da una “madre”. Agresto è quei chicchi d’uva che non matureranno. E che spiccano a volte in una ciocca di acini scuri e turgidi, come dispettosi fratelli troppo determinati. I chicchi vanno pestati e il sugo filtrato. Versare in una brocca a bocca larga che ospita la “madre” (cioè parte della massa di sedimenti separati dall’aceto nel tempo e depositati nel recipiente che lo contiene). La massa risultante deve restare in contatto con l’aria esterna ma protetta dalla polvere. In circa due anni l’aceto “nuovo” è pronto. Viene di solito “profumato” : aglio o dragoncello, basilico, ginepro, o miscugli di sapori.


Un altro uso possibile dei chicchi di agresto è fare la salsa. 
Pestare e raccogliere il sugo di due manciate di acini abortiti. 

Ingredienti di preparazione : 
  • mandorle dolci ….. 2 manciate, 
  • noci ….. 1 manciata,
  • zucchero ….. 1 cucchiaiata, 
  • mollica di pane ….. 2 manciate, 
  • cipolla ….. ½, 
  • aglio ….. 1 spicchio,
  • prezzemolo ….. 1 ciuffo, 
  • sale, pepe. 

Bagnare la midolla di pane nell’aceto di agresto . Sbucciare le mandorle e tritarle insieme con le noci, la cipolla e l’aglio, il pane e il prezzemolo. Mettere il sugo ricavato dall’agresto in casseruola con il trito. Aggiungere lo zucchero e scaldare mescolando, versando eventualmente ancora poco aceto, finchè la salsa si addensa (non deve bollire). Da usare con arrosti di bovino e maiale. Anche bolliti.

*P.Ugolini - La vera cucina toscana - Vallecchi


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martedì 27 gennaio 2015

Un'esclusiva del Mediterraneo


La situazione dell’olio extra vergine “toscano” è, in generale, poco entusiasmante. Data la estrema frammentazione delle proprietà, l’estensione media dell’oliveto aziendale è circa un ettaro, la relativa produzione è stimabile tra cento e centocinquanta chili di olio. Negli ultimi anni sono state messe a punto le denominazioni IGP e DOP, relative a diverse zone. La situazione sembra in una fase di evoluzione. 
Consapevoli del significato dei rispettivi istituti, si riportano brevemente le caratteristiche indicate negli specifici disciplinari.
Nella zona del Chianti Classico (vino) si produce l’olio e.v.o. “Chianti Classico” DOP utilizzando olive "Frantoio", "Correggiolo", "Moraiolo", "Leccino" per almeno l’80% (colore da verde intenso a verde con sfumature dorate; odore fruttato; sentore di erbe, amaro, piccante).
Sotto l’Amiata fanno olio e.v.o. utilizzando quasi esclusivamente una cultivar locale l’Olivastra Seggianese (Seggiano DOP). E’ una varietà con diversi “contro” (il frutto è piccolo, la pianta ha un notevole sviluppo e la produzione è poco costante nel tempo) e un “pro”: tollera bene le basse temperature atmosferiche. L’olio che si estrae ha buone caratteristiche (colore dal verde con toni gialli al dorato; odore fruttato fresco, pulito, netto di oliva, con note erbacee di carciofo e aromi secondari; sapore pulito, netto, carica amara e piccante in buona armonia).
L’olio e.v.o. “Colline di Firenze” DOP proviene da un vasto territorio che comprende l’intera provincia di Prato e buona parte di quella di Firenze. Si impiegano olive “Frantoio”, “Correggiolo”, “Moraiolo”, “Leccino” e “Pendolino” e un 20% di altre (colore da verde intenso a giallo; odore di fruttato; sapore di fruttato amaro medio con sentore di piccante medio) [55].
L’olio e.v.o. "Terre di Siena" DOP viene prodotto con olive raccolte nei territori collinari della provincia di Siena (si risparmia l’elenco) vocati alla produzione di olio con le caratteristiche e livello qualitativo previsti, delle cultivar : “Frantoio”, “Correggiolo”, “Moraiolo”, “Leccino” (colore dal verde al giallo con variazioni cromatiche nel tempo; odore fruttato; sapore con note di amaro e piccante).
La denominazione "Lucca" DOP è riservata all'olio e.v.o. prodotto nell’area della piana di Lucca, della Versilia e della Media Valle e Garfagnana, utilizzando le cultivar “Frantoio” fino al 90% , “Leccino” in misura non superiore al 30%, più altre eventuali (colore giallo con toni di verde più o meno intensi; odore fruttato da leggero a medio; sapore fruttato di oliva da leggero a medio, fondamentalmente dolce e con leggera sensazione di amaro e piccante).
La denominazione “Colline della Lunigiana” IGP è riservata all’olio e.v.o. ottenuto dalle olive delle seguenti varietà: “Frantoio” fino al 90%, “Leccino” fino al 20% più altre eventuali per non più del 15%. La zona di produzione comprende i territori della provincia di Massa e Carrara idonei a conseguire le produzioni con le caratteristiche qualitative previste dal disciplinare (colore giallo dorato con toni di verde; odore di fruttato leggero; sapore poco piccante con intensa sensazione di dolce).
La menzione geografica “Colline di Arezzo” IGP è riservata all’olio e.v.o. ottenuto dalle seguenti cultivar : “Frantoio”, “Moraiolo” e “Leccino” presenti per almeno l’85% più eventuali altre aggiunte per non più del 15%. La zona di produzione comprende i territori della provincia di Arezzo idonei a conseguire le produzioni con le caratteristiche qualitative previste dal disciplinare (colore da verde intenso carico al giallo con evidenti note cromatiche verdi; odore di fruttato intenso; sapore piccante e leggermente amaro che con il tempo si attenua, retrogusto persistente).
La denominazione “Montalbano” IGP è riservata all’olio e.v.o. ottenuto dalle seguenti varietà : “Leccino”, “Moraiolo”, “Frantoio”, “Pendolino”, “Rossellino”, “Piangente” e loro sinonimi (100%). La zona di produzione delle olive comprende, parte di territorio delle province di Pistoia e Firenze. All’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle caratteristiche richieste (colore dal verde al giallo oro con variazione cromatica nel tempo; odore di fruttato accompagnato da sentore di mandorla, carciofo, altra frutta matura, verde di foglia; sapore di fruttato con percezione di piccante).
La menzione geografica “Monti Pisani” IGP è riservata all’olio e.v.o. ottenuto dalle seguenti varietà presenti negli oliveti fino all’85%: “Frantoio”, “Moraiolo”, “Leccino”, “Razzo” più altre fino a 40%. La zona di produzione comprende zone del territorio della provincia di Pisa. All’immissione al consumo l’olio deve rispondere alle caratteristiche indicate nel disciplinare (colore giallo oro con toni di verde; odore di fruttato leggero; sapore di fruttato con leggera percezione di piccante e intensa sensazione di dolce).


[55] Il marchio DOP prevede specifiche maggiormente puntuali rispetto alla certificazione IGP. Giusto a titolo di esempio si riporta qualche indicazione tratta dal disciplinare IGP “Colline di Firenze”. Un gran numero di territori amministrativi sono compresi in ambedue le istituzioni. Le cultivar ammesse sono, in questo caso, le seguenti : “Frantoio”, “Moraiolo”, “Leccino”, “Pendolino”, “Leccio del Corno”, “Madonna dell’Impruneta”, “Morchiaio”, “Maurino”, “Piangente”, “Pesciatino”, e loro sinonimi (sono ammesse altre cultivar per non più del 15%). La descrizione organolettica prescritta per l’olio è la seguente : colore dal verde al giallo oro con variazione cromatica nel tempo; odore di fruttato accompagnato da sentore di mandorla, carciofo, altra frutta matura, verde di foglia; sapore di fruttato da medio a marcato.


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domenica 25 gennaio 2015

Nucato - Copate


La seguente ricetta dell’Anonimo toscano [10] non sembra derivare da una delle sue fonti usuali.

Del mele bullito co le noci, detto nucato.

«Togli mele bullito e schiumato, con le noci un poco peste e spezie, cotte insieme: bàgnati la palma de la mano coll'acqua et estendilo: lassa freddare e da' a mangiare. E puoi ponere amandole e avellane in luogo di noci.»

Questo è senz’altro un “croccante” di noci e spezie (sparite dalla composizione attuale). Lo zucchero era noto ma poco disponibile. L’uso del miele molto più abituale. Il “Panmielato”, specie di focaccia con frutta, lasciando umido l’impasto cotto, fermentava in breve tempo, assecondando il gusto di allora, diventava acido, cioè “forte”. Una variante di rilievo del “Nucato” usa il dolce prodotto delle api : due ostie accoppiate attraverso uno spessore di miele cotto per liberare l’acqua in eccesso. Si passa quindi dal croccante al precursore del torrone.
L’aggiunta di albume montato a neve amalgamato al miele un po’ disidratato, sembra fosse una pratica corrente nel medioevo, e questa sì ch’è la base del torrone. C’è però che le copate originali hanno poco da spartire perché l’albume comincia ad essere usato nella loro preparazione piuttosto tardi.
La differenza di colori è ottenuta facendo cuocere il miele fino ad un certo grado di disidratazione o fino al caramello.

Copate bianche 

Ingredienti : 
  • miele ….. 300g,
  • mandorle …..300g, 
  • ostie. 

Il miele non dovrebbe essere di colore troppo scuro. Le mandorle vanno tostate, sbucciate e tritate, le ostie piuttosto robuste. Mettere il miele nel tegamino e cuocere a fuoco bassissimo, perchè evapori una certa quantità di acqua. Aggiungere poi le mandorle tritate, amalgamare e spostare il tegamino in un bagnomaria (non si deve raffreddare troppo mentre si confezionano le cupate). Prelevare il miscuglio a cucchiaiate e depositarlo al centro di un’ostia, sovrapporne un’altra e schiacciare perché rifluisca verso l’esterno, creando uno strato di qualche millimetro tra le ostie. Mettere a raffreddare in luogo fresco e asciutto. Si conservano a lungo nelle scatole metalliche da biscotti. 

 Copate nere

Ingredienti : 
  • miele ….. 500g, 
  • mandorle …..300g, 
  • ostie. 

Non ci sono particolari requisiti per il miele, che può essere anche scuro. Le mandorle vanno tostate, sbucciate e tritate. Le ostie piuttosto robuste. Mettere il miele nel tegamino e cuocere a fuoco bassissimo fino a caramellare. Aggiungere le mandorle tritate e proseguire come già descritto. [41] [42] [43] [44]

[10] Anonimo toscano – Libro della cocina – In : E. Faccioli, Arte della cucina, Milano 1966. 
[41] Le ricette sono un po’ cambiate, dal Medioevo. Quella delle copate bianche si è arrichita dell’albume montato a neve. Quella delle copate nere prevede anche la presenza di nocciole e noci, in più è stato aggiunto, dal ‘700, il cacao.

Copate bianche 

Ingredienti :
  • miele ….. 700g, 
  • mandorle ….. 300g, 
  • zucchero ….. 100g, 
  • albume ….. 1,
  • zucchero a velo ….. 100g, 
  • ostie. 

Mescolare miele e zucchero e metterli sciogliere a calore molto tenue.
Aggiungere l’albume montato a neve e continuare a far cuocere rimestando finché la miscela avrà raggiunto una certa consistenza. Versare lo zucchero a velo e le mandorle tritate, amalgamando il composto. Da qui in poi il precedimento è quello già descritto.

Copate nere 

Ingredienti : 
  • miele ….. 600g, 
  • mandorle …..250g, 
  • nocciole ….. 100g, 
  • noci ….. 100g,
  • cacao amaro in polvere ….. 60g, 
  • ostie. 

Il procedimento è lo stesso già descritto. Il cacao amaro in polvere va unito quando si aggiunge la frutta secca tritata, amalgamando il composto.


[42] Il miele portato a temperatura superiore a 45°C, perde gran parte delle sue proprietà poiché enzimi, vitamine e altre sostanze attive vengono danneggiati dal calore.
[43] Ostie.

Ingredienti d’impasto :
  • farina ….. 500g, 
  • acqua ….. 750g, 
  • olio ….. 1 cucchiaio, 
  • sale ….. 1 pizzico.

Preparare una pastella liscia e omogenea. Scaldare uniformemente i ferri da cialde, ungerli, deporre una cucchiaiata d’impasto. Inserrare e cuocere per poche decine di secondi da ciascun lato. Aprire i ferri e sformare. Se lasciata libera l’ostia tenderà a fare onda. Per avere ostie piane, farle raffreddare sotto un peso.
[44] Brigidini 

Dimostrano che le ostie possono diventare qualcosa di gastronomicamente desiderabile.
Ingredienti d’impasto : 
  • farina …… 300g, 
  • zucchero ….. 150g, 
  • uova ….. 5, 
  • semi di anice ….. 1 cucchiaio, 
  • sale,
  • olio 

Sbattere ben bene le uova con lo zucchero, aggiungere il sale, l’olio, i semi e la farina. Impastare la massa per un quarto d’ora. Lasciare coperto a riposo per mezz’ora. Dividere l’impasto in palline (più o meno da ping pong). Scaldare uniformemente i ferri da cialde, ungerli, deporre una pallina. Inserrare e cuocere per poche decine di secondi da ciascun lato. Aprire i ferri e sformare. Se lasciata libera la cialda tenderà a fare onda. Per avere brigidini stesi, farli raffreddare in piano sotto un peso.


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sabato 24 gennaio 2015

Carciofi


Vero e proprio pilastro.
In fricassea o fritti costituiscono una preparazione compiuta. Impareggiabili interpreti della forma sonata a più voci, contrappuntano soavi scorpacciate. 

Ingredienti principali :
  • carciofi ….. 5. 

Pulire e lavare i carciofi, eliminare tutte le foglie dure, dividerli in quarti. Metterli in acqua acidulata con succo di limone. 

Ingredienti di preparazione : 
  • burro ….. 50g, 
  • aglio ….. 1 spicchio,
  • farina ….. 1 cucchiaino, 
  • poco brodo caldo. 

Far sciogliere il burro con l’aglio, profumare, levare l’aglio, proseguire nella preparazione del roux. Quando è biondo aggiungere i carciofi, rimestare, salare, chiudere il coperchio. Aggiungere eventualmente poco brodo per portare a cottura (poco più di un quarto d’ora) e ottenere poi la giusta consistenza della fricassea. 

Ingredienti di amalgama : 
  • tuorli ….. 4, 
  • limoni ….. 2,
  • sale, pepe. 

Sbattere i tuorli con il succo dei limoni, il sale e il pepe. Aggiungere ai carciofi mescolando bene.Togliere dal fuoco.
In modo del tutto analogo ai carciofi si possono preparare carota, scorzonera (barba di prete), ma non solo.


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Cibreo, o la collezione di farfalle?

[Illustrazione: Cibreo]

Ingredienti di preparazione : 
  • creste ….. 3, 
  • fegatini ….. 3, 
  • fagioli (testicoli) ….. 6. 

Tutti questi ammennicoli di galletto possono essere ridotti in pezzetti o affettati ma, a preparazione completata, l’effetto coreografico sarà perso. Lavare e pulire gli ingredienti. Togliere la vescichetta del fiele (se ci fosse). Separare il fegato in lobi. Cuocere le creste per circa mezz’ora in acqua a bollore. Poi levarle dall’acqua e spellarle. Tenere i fagioli nell’acqua bollente per qualche minuto e spellare anche loro. 

Ingredienti di preparazione :
  • burro ….. 1 cucchiaio, 
  • poca farina, 
  • sale, pepe.

Mettere il burro in casseruola e farlo sciogliere con la farina, girare col mestolo di legno perché non s’attacchi. Aumentare un po’ il calore e rosolare le creste, i fagioli e aggiungere anche i fegatini. Rivoltare e salare. 

Ingredienti di amalgama : 
  • tuorlo ….. 1, 
  • limone ….. 1 quarto.

Sbattere velocemente il tuorlo col succo di limone. Versare sugli ammennicoli. Saltare brevemente. Tirare via dal calore. Salare. Travasare in piatto caldo spolverando pepe macinato.


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Cavolo nero: uno degli "odori più buoni"


Pianta molto rustica, dalle foglie strette e bollose che sembrano penne di uccello, di colore verde intenso che tende al blu. Presente ovunque nelle zone interne, in almeno una delle varietà comunemente coltivate.
I ricacci sono abbastanza teneri da poter essere cotti interi (mazzetti). Altrimenti separare la costolatura dal resto della penna.

[Illustrazione: Cavolo nero]

Fette coi mazzetti

Secondo Ardengo Soffici restituisce come zuppa i due odori più buoni : del pane e della terra bagnata. [13]
Si usano i mazzetti (ricacci) di cavolo nero che vanno lavati e puliti. Poi bolliti in acqua salata per circa mezz’ora. Le fette di pane raffermo si fanno arrostire dalle due parti. Quando la bollitura è alla fine, profumare d’aglio strofinato le fette e bagnarle nell’acqua di cottura del cavolo. Prelevare i mazzetti integri, posarli sulle fette, condire con abbondante olio e spolverare pepe macinato al momento. Meglio riscaldare i piatti di servizio.

[13] A.Soffici – Taccuino di Arno Borghi


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giovedì 22 gennaio 2015

Condimenti per impasti ancestrali


Briciole

Sono una delle alternative di condimento dei Pici (Amiata) - Pinci (Montalcino). 
Si usano due fette di pane che possa essere ridotto in briciole (quello toscano si presta … ). 
Soffriggere 2 filetti d’acciuga dissalata (oppure due spicchi d’aglio schiacciati con qualche pezzetto di peperoncino) finchè si disfano. 
Unire le briciole e farle tostare insieme. [*]

[*] E’ analogo alla rosolatura, ma il fuoco è più vivace. Tostare : il colore diventa più scuro, non deve bruciare.

Salsa di basilico (Pesto) 

Il sapore del basilico cambia moltissimo con il luogo di produzione e con l’età della pianta. 
Serve quanto segue : 
  • 2 mazzi di basilico (ridotti in foglie lavate e asciugate), 
  • 2 spicchi d’aglio, 
  • 1 cucchiaiata di pinoli, 
  • 100g di pecorino, 
  • 2 cucchiaiate di olio 
  • poco sale grosso. 

Date le incertezze in gioco (fondamentali quelle relative al tipo di basilico e al luogo di coltura), conviene mettere tutti gli ingredienti nel frullatore ed ottenere così la salsa desiderata (lo fanno anche gli agricoltori del ponente genovese).



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mercoledì 21 gennaio 2015

Impasti ancestrali (II)


Maccheroni o gnocchi

Ritenere che i maccheroni del paese di Bengodi, i quali incessantemente vengono giù da una montagna di  parmigiano grattugiato, siano proprio questi, non verrà considerato atto da creduloni [4]. Giovanni  Boccaccio soggiornò per una decina d’anni a Napoli e il “Liber de coquina” era già in circolazione da un  po’. [5] La ricetta dei maccheroni-gnocchi richiede un impasto di farine di grano tenero e di grano duro  (semolino) [6] Le proporzioni sono 2 di farina e 1 di semolino a grana fine. La miscela viene impastato  brevemente con uova (1 uovo per circa 100g di sfarinato), facendolo diventare omogeneo. L’impasto verrà
 sodo, ma non deve essere duro (semmai usare anche un po’ d’acqua). Ottenere qualcosa di simile a dei cilindri di circa due centimetri di diametro, da cui si ricavano dei pezzetti un poco più lunghi. Vanno passati sui rebbi di una forchetta o sull’apposito strumento che si usa con gli gnocchi di patate (possono piacere anche così come sono). Questi maccheroni si cuoceranno nel brodo di carne (meglio se di capponi come consiglia Boccaccio nel Decamerone). Come gli gnocchi di patate, sono cotti quando vengono a galla. Si condiscono con parmigiano (che altro!) e burro ma si può provarli anche col pecorino da grattugia.


[4] G.Boccaccio – Decamerone “… una montagna di formaggio parmigiano grattato, sopra la quale stavano genti che niuna altra cosa facevano che fare maccheroni e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quinci giù …” – Ottava giornata – Terza novella
[5] G.Boccaccio è figlio di un socio della Compagnia dei Bardi società, come si direbbe oggi, protagonista delle attività finanziare del regno Angioino. Viene mandato a Napoli nel 1327-28 per fare pratica bancaria e, data la sua posizione, vive con i nobili alla corte angioina.
[6] All’inizio erano tutti maccheroni. Perché questo era il significato del termine : maccare, cioè ammaccare, schiacciare (col mattarello), impastare (L.Messedaglia) I segni dello sviluppo di tecnologie per lavorare gli impasti e di tecniche di essiccazione si ritrovano a Genova dal XIII secolo.


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martedì 20 gennaio 2015

Impasti ancestrali (I)


Così denominati per la loro composizione : uova e farina, con lievito, acqua e farina [3]. La cottura può avvenire in recipiente con l’aggiunta di grasso (crespelle, rivolti, …) o senza (testaroli, panigacci, …), in  acqua bollente (pici-pinci, testaroli, … ). Da notare la cottura in più fasi dei testaroli.
L’impasto lievitato minimo (farina, acqua e base di fermentazione) fornisce il pane. La lavorazione dell’impasto e la cottura in forno, danno bozze e filoni di mollica alveolata con geometrie ricche e complesse, racchiusa da una crosta sapida e spessa. Questo pane si mantiene buono per giorni e tiene benissimo i liquidi caldi. D’ora in poi si farà esclusivo riferimento a questo (salvo differente indicazione), di solito “raffermo”.

Con acqua e farina si fanno i Pici (Pinci) precursori degli spaghetti. In testi di coccio ben caldi (ora anche di altro materiale) vengono confezionati i Testaroli, che assomigliano vagamente a delle lasagne. Anche questi si utilizzano come pastasciutta, conditi con la salsa di basilico (Pesto). Analoghi, ma confezionati utilizzando farina di castagne, sono i Necci (uso tipico : Necci con la ricotta).
I Pinci (Pici) e i Testaroli si trovano anche presso la grande distribuzione.

Penne strasci'ate *

Il concetto espresso nella nota [6] viene applicato, al di là di ogni aspettativa fino a non molto tempo addietro, anche agli impasti di acqua e farina per la produzione industriale delle paste alimentari essiccate.
Buonassisi rilevò nel catalogo della ditta Pittaluga di Campomorone – Genova, la pratica coincidenza tra  Maccheroni e Penne. [7] Le penne, quelle lisce, sembrano essere parte integrante della cucina toscana. A Napoli, nella scelta della pasta da condire con la Genovese, le penne non vengono neanche prese in considerazione. Qui una delle poche ricette di pasta di semola di grano duro essiccata si chiama “Penne strascicate”. Si ammetterà un coinvolgimento personale con le penne lisce, piuttosto ampiamente condiviso se P.Ugolini (op. cit.) ritiene di precisare « …. in Toscana è molto in voga.» riecheggiando « …  un tipo di pasta molto in uso in Toscana» di Colutta. [8] C’è qualcos’altro. La “strasci'atura” è una tecnica  di cucina corrispondente al “saltare” (passare in padella a fuoco vivo i cibi per completare la cottura e condirli). L’uso di questa modalità con la pastasciutta non è granché usuale (si “saltano” soprattutto carni, pesci e verdure). Il condimento in cui avviene la strascicatura sarà il sugo di pomodoro (eventualmente la variante che usa carnesecca a dadini rosolata prima dell’aggiunta del pomodoro), il sugo di carne (o una delle sue varianti con fegatini) più il parmigiano grattugiato. La preparazione è incardinata sulla pasta: penne lisce sgocciolate dall’acqua di cottura quando sono ancora molto al dente. 

P.Ugolini - La vera cucina toscana - Vallecchi

[3] Si intende farina di frumento salvo ulteriori specificazioni (farina di castagne, di granturco, … … … )
[6] All’inizio erano tutti maccheroni. Perché questo era il significato del termine : maccare, cioè ammaccare, schiacciare (col mattarello), impastare (L.Messedaglia) I segni dello sviluppo di tecnologie per lavorare gli impasti e di tecniche di essiccazione si ritrovano a Genova dal XIII secolo.
[7] Riportato in P.Ugolini – La vera cucina toscana - Vallecchi
[8] F.Colutta – Cucina e vini della Toscana - Mursia


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Per gli indisposti (e i "fuochi" di talento)


Brodo

E’ di uso continuo. Una ricetta base potrebbe prevedere come ingredienti :
  • cipolla di media grossezza ….. 1,
  • carote mezzane ….. 2, 
  • gambo di sedano .... 1, 
  • gambi di prezzemolo, 
  • sale. 

La quantità d’acqua potrà essere un litro e mezzo. In mezz’ora circa di ebollizione il brodo è realizzato. Lasciare raffreddare e filtrare dopodiché è pronto all’uso. Variando la quantità di verdure si deve modificare proporzionalmente la quantità di acqua.
Nel seguito si farà riferimento a questo (salvo diversa indicazione).


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venerdì 9 gennaio 2015

Alla facciaccia delle odiatrici (odiatori compresi) dell'umanità


Il sugo di pomodoro serve effettivamente per condire la pastasciutta. La salsa di pomodoro entra in preparazioni che avranno una successiva cottura. Nel sugo c’è olio, nella salsa no. A parte questo gli ingredienti sono gli stessi.

Sugo di pomodoro

Ingredienti di preparazione :
  • olio  ..... q.b.,
  • cipolla ….. 1 piccola,
  • carota ….. 1 piccola,
  • sedano ….. 1 gambo,
  • basilico ….. 4 foglie.

Pulire e preparare le verdure[*]. Farne un battuto non troppo fine. Rosolare nella casseruola con l’olio a fuoco moderato e coperchio chiuso.

Ingredienti principali :
  • Pomodori pelati (o freschi) ….. 500g,
  • sale e pepe.

L’uso di pomodori freschi o di pomodori pelati NON è indifferente, le preparazioni che si ottengono hanno diverso sapore e consistenza.
Aggiungere nella casseruola i pomodori a pezzi. Salare. Cuocere circa mezz’ora a fuoco basso; il sugo deve “pipare” (ebollizione molto moderata). Spremere al passaverdure il sugo ottenuto e far riprendere
l’ebollizione. Spengere il fuoco, aggiungere basilico. Usare per condire pastasciutta, gnocchi (e anche altro).

Salsa di pomodoro

Per confezionare la salsa di pomodoro, si mette il trito di verdure a cuocere con i pomodori. La salsa deve concentrarsi e quindi sarà pronta dopo circa 40-50 minuti di cottura (ebollizione molto moderata). Poi va passata come il sugo. Come già detto è una base per la confezione di parecchie ricette. La salsa di pomodoro può essere fatta “saltare” per qualche minuto in olio profumato d’aglio (soffriggere aglio
schiacciato con olio).

[*] La cipolla va spogliata del rivestimento più esterno e lavata; la corota raschiata esternamente, privata delle estremità e passata sotto acqua corrente; al sedano si tolgono le costolature esterne dure e filacciose (ad es. usando un pelapatate) e si passa sotto acqua corrente; il basilico va passato sotto acqua corrente e spezzato con le mani.I pomodori freschi vanno lavati tenendoli un po’ nell’acqua e poi passati sotto acqua corrente.


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Condire la pastasciutta (I)


Sugo di carne

Si è detto che pochi sono i “semilavorati” già pronti su cui si può contare. Prepariamoci dunque questi pochi strumenti. Per condire la pastasciutta utilizzando un intingolo a base di carne si può usare una salsa bruna (ad es. sugo di carne all’italiana), un ragù di carne (ad es. ragù bolognese) oppure sugo di carne toscano. La carne è sempre manzo. Nel primo caso è un pezzo intero, nel secondo è macinata. Il sugo toscano vuole carne a pezzi non troppo piccoli (“grossi come una noce”, “a pezzi grossi”, … … … ). Le differenze non finiscono qui. Il sugo toscano in mezz’ora è pronto. Per gli altri ci vogliono ore. Il risultato mantiene i sapori degli ingredienti. La carne preserva i suoi succhi durante la cottura iniziale nel trito di verdure. Verranno rilasciati durante la fase finale di cottura nel pomodoro, ma non dispersi: esaltati. Sulle varie ricette tradizionali riportate in libri dedicati o in raccolte regionali ci sono incongruenze e, anche, errori. 
Vediamone qualcuna. Trattasi di errore quando si suggerisce di utilizzare carne di manzo tritata. E’ invece solo una stranezza (o più probabilmente un errore tipografico) consigliare carne di manzo con l’opzione d’uso della carne di vitello (è da supporre : in caso di irreperibilità del manzo) [2]. Se si consultano ricette diverse, ma attendibili, si nota che la quantità di carne e di pomodoro possono risultare variabili. Ciò non significa necessariamente che una sola sia giusta. Negli ultimi tempi, però, circolano ricette inguardabili.
Quella che segue fornisce una base solida (ingredienti per condire circa 500g di pasta).

Ingredienti di preparazione : 
  • olio ..... qb, 
  • cipolla ….. 1 piccola,
  • carota ….. 1 piccola, 
  • sedano ….. 1 gambo, 
  • basilico ….. 4 foglie. 

Può sembrare indeterminato il quantitativo di olio. In realtà dipende dalla dimensione della casseruola che si usa. Un certo contenitore richiede meno olio di un altro. Pulire e preparare le verdure. Farne un battuto fine “in punta di coltello”[*]. Rosolare nella casseruola con l’olio a fuoco moderato e coperchio chiuso (8-10 minuti). 

Ingredienti principali :
  • carne di manzo a pezzi ….. 200g, 
  • pomodori pelati ….. 500g, 
  • buon vino rosso ….. 100g, 
  • sale e pepe. 

Mettere i pezzi di carne nella casseruola e farli rosolare rimescolando. Poi aggiungere il vino, che deve evaporare, rimescolando e raschiando il fondo della casseruola (5-10 minuti). Quando il vino è tutto evaporato spengere il fuoco, tirare via la carne e tritarla finemente, in punta di coltello. Rimettere il trito nella casseruola, riaccendere il fuoco. Mettere i pomodori nel tegame e continuare la cottura, sempre rimescolando, schiacciando e rimestando, fino a che il sugo è pronto (circa 20 minuti). Il sugo di carne toscano è intensamente evocativo. Una preparazione comunque corretta può essere considerata eccellente o banale. Dipende molto da chi lo mangia. Il sapore e la consistenza variano moltissimo con le quantità di cipolla, carota, sedano; sostituendo il basilico con prezzemolo; mettendo più o meno pomodoro; aggiungendo fegatini di pollo; aggiungendo fegatini di coniglio.

[*] Tritare sul tagliere o piano di lavoro, usando esclusivamente un coltello di adeguata dimensione o altra lama.

[2] Questo, bisogna dirlo, è un bel problema. La sciagurata vicenda di mucca pazza ha provocato (o reso possibile ?) la pratica sparizione di qualunque tipo di bovino che non sia vitella di latte o vitellone. Ciò mette a rischio tutte le cucine regionali italiane che impiegano bovini di ogni età (dalla vitella al bue). In particolare rischiano di più le ricette a lunga cottura. Bue brasato al barolo non si può fare col vitellone.


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martedì 6 gennaio 2015

... non di solo Pane

.(ego sum panis vivus)

Ingredienti :
  • farina tipo 0 ….. 1kg,
  • lievito naturale ….. 300g,
  • acqua ….. 650g.

Sciogliere il lievito naturale [50] in acqua tiepida, aggiungere la farina e impastare (circa quindici minuti con l'impastatrice, venti minuti a mano). Versare l’impasto sul piano infarinato, appiattire e dare una forma squadrata. Prendere gli angoli dell’impasto e portarli verso il centro, poi piegare in due (dalla forma quadrata a quella rettangolare). Infarinare bene anche sopra e lasciare lievitare per circa tre ore. Se la cottura sarà in forno a legna, il pane avrà un sapore ancora più “tradizionale”. Portare il forno a (250-300°C), porre all’interno una piccola riserva d’acqua e infornare. La cottura avverrà a circa 250°C per un’ora. Questa esecuzione darà un pane tozzo, per ottenere il filone bisogna sagomare una forma geometrica più slanciata.
Questo pane è di uso quotidiano e continuo. Ha un sapore proprio dovuto solamente alla farina, alla lievitazione e alla cottura : un sapore di ingredienti ed energia trasformata. Però quando si fa la  “fettunta”, fetta di pane passata nell’olio appena franto, nessuno si porta dietro il sale, allo stesso modo con salumi e formaggi toscani (la fettunta si può fare anche con l’olio già infiascato).

[50] Prende anche il nome di riporto. In generale è una parte dell’ultimo impasto del pane, prelevato e messo in frigorifero per fare il pane successivo. Effetti analoghi si ottengono utilizzando da mezzo panetto a un panetto di lievito di birra (12.5-25g) ogni 500g di farina. Il lievito di birra va sciolto nell'acqua di impasto.

[Illustrazione:    Bozza di Prato]


Addendum del 30 marzo 2015

A proposito di lievitazione tradizionale dei pani dolci si può vedere anche questo



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Cipolla, sedano, carota


Questi tre sono uno dei cardini su cui muove l’ideazione e l’elaborazione della cucina toscana. Da soli o insieme a pomodoro e altre erbe, costituiscono gli “odori” di base.


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domenica 4 gennaio 2015

Viva il vino spumeggiante

.(un brindisi rusticano)

Ma non c’è solo il Chianti. Anche se la viticoltura moderna incomincia da qui. 
A Coltibuono i monaci piantano vigna alla Badia verso il 1050. S.Maria Novella si chiamava in quel periodo, non per nulla, S.Maria delle Vigne. 
All’inizio del XIV secolo, Dante parla della vernaccia di S.Gimignano nella Divina Commedia. 
I vini e vitigni della Toscana sono spesso citati in documenti e storie per la loro bontà. 
Nel 1716 Cosimo III promulga il bando “ Sopra la Dichiarazione dé Confini delle quattro Regioni Chianti, Pomino, Carmignano, e Val d'Arno di Sopra”, in cui si specificano i confini delle zone di produzione dei vini citati. Istituisce contemporaneamente una “Congregazione” di vigilanza del commercio dei vini e contro le frodi. 
In pratica una dichiarazione di origine controllata per il vino. Il nucleo iniziale riguarda i comuni di Castellina, Gaiole, Radda (lega del Chianti dal XIII secolo). Questo è anche il nucleo iniziale del Chianti Classico. 
Attualmente sono definite le seguenti zone di produzione del vino Chianti : 
Classico, 
Colli senesi, 
Colli fiorentini, 
Rufina, 
Colli aretini, 
Montalbano, 
Colline pisane e, ultimamente, 
Montespertoli. 
All’interno di questo territorio, piuttosto ampio si trovano zone in cui la coltivazione della vite e la produzione del vino raggiungono risultati assai ragguardevoli. [52] 
Iniziamo da S.Gimignano la città delle torri, anche perché la vernaccia è così anticamente citata (notare : è un vino bianco). Vernaccia in purezza (colore giallo paglierino tenue tendente al dorato con l'invecchiamento; odore fine, penetrante, caratteristico; sapore asciutto, armonico, con caratteristico retrogusto amarognolo; circa dodici gradi) [53]. 
Scendiamo dall’Elsa verso l’Ombrone, dopo aver superato Monte Oliveto Maggiore, e l’Orcia. A Montalcino si produce uno dei grandi rossi, capace di invecchiare per decine di anni migliorando le sue caratteristiche : il Brunello, nome del vino, nome locale dell’uva, che è sangiovese con la buccia spessa (colore rosso rubino intenso tendente al granato; odore caratteristico ed intenso; sapore asciutto, caldo, un po' tannico, robusto, armonico, persistente; invecchiamento di cinque-sei anni presso il produttore; circa tredici gradi). Si produce anche un Rosso di Montalcino con lo stesso sangiovese che viene immesso al consumo un anno dopo la vendemmia. E anche un vino dolce di uva Moscato bianco (colore dal giallo paglierino al giallo dorato; odore caratteristico, delicato e persistente; sapore aromatico, dolce ed armonico; circa dodici gradi). 
In direzione della Val di Chiana e oltrepassando Pienza si trova Montepulciano e qui una nuova incarnazione (diciamo così) dell’uva sangiovese : il Prugnolo gentile, in miscela col canaiolo e pochi altri in piccole percentuali (colore rubino tendente al granato con l'invecchiamento; profumo intenso, etereo, caratteristico; sapore asciutto, equilibrato e persistente, con possibile sentore di legno; invecchiamento presso il produttore di due-tre anni; circa tredici gradi). Con lo stessa miscela del Vino Nobile si produce anche un Rosso di Montepulciano che viene immesso al consumo per la Pasqua successiva alla vendemmia. In Valdichiana troviamo un esempio d’uso dell’uva trebbiano, e altre, per produrre vino bianco apprezzato da centinaia d’anni. Questo Bianco Vergine, assai pallido ha due caratteristiche particolari : il pallore e un sapore vagamente ammandorlato (colore paglierino, anche con riflessi verdognoli; profumo neutro, caratteristico, ricco di delicato e gradevole profumo; sapore asciutto, anche con lieve retrogusto di mandorla amara; circa dieci gradi). 
Allontanandosi da Cortona e scendendo verso sud siamo in breve tra Fiora, Albegna e Ombrone, l’uva sangiovese inventa un nuovo nome e diventa Morellino, lo stesso del vino prodotto usando anche piccole quantità di canaiolo, ciliegiolo, malvasia (colore rosso rubino tendente al granato con l'invecchiamento, di limpidezza brillante; odore profumato, etereo, intenso, gradevole, fine; sapore  asciutto, caldo, leggermente tannico, con eventuale sentore di legno; circa tredici gradi). Appena a fianco la zona di Pitigliano, nota anche come “piccola Gerusalemme” per l’eredità della cultura ebraica, e del Bianco omonimo che, insieme a greco, malvasia e verdello traduce in vino l’uva trebbiano, pratica assai comune in tutta la Toscana (colore paglierino con riflessi verdolini; odore delicato; sapore asciutto, vivace, neutro, con fondo leggermente amarognolo, di medio corpo, morbido; circa dodici gradi). 
Dirigendo verso il mare s’incomincia a trovare l’uva Ansonica e il vino omonimo prodotto, tra Maremma, Orbetello e Argentario e all’Isola del Giglio (colore giallo paglierino più o meno intenso; odore caratteristico, leggermente fruttato; sapore asciutto, morbido, vivace ed armonico; circa dodici gradi). 
Anche all’Isola d’Elba si produce Ansonica. E si ritrova il Moscato bianco (colore dal paglierino intenso all'ambrato; odore intenso, caratteristico; sapore dall'amabile al dolce, armonico e vellutato; più di tredici gradi). L’uva Aleatico viene considerata una mutazione genetica del moscato bianco e usata per produrre il vino passito con lo stesso nome (colore dal rosso rubino intenso al rosso cupo; odore spiccato e caratteristico; sapore dall'amabile al dolce, ricco di corpo, armonico; circa quindici gradi). 
Si ritorna sulla terraferma dalle parti di Piombino e Populonia. Da qui a Bolgheri è un lampo. In questa zona sono stati impiantati vigneti di Cabernet verso la metà del secolo passato. Il risultato è nel Sassicaia : vino da cabernet sauvignon e franc invecchiato tre anni presso il produttore (colore rosso rubino intenso o granato; odore vinoso, ricco ed elegante; sapore asciutto, pieno, robusto e armonico, con buona elegante struttura; circa dodici gradi). C’è poi il Bolgheri rosso da uve cabernet/merlot/sangiovese come vitigno predominante, invecchiato almeno due anni presso il produttore (colore da rosso rubino a granato; odore intensamente vinoso; sapore asciutto, armonico; circa dodici gradi). 
Risalendo ancora verso nord si può proseguire fino alle Apuane per trovare le miscele di vermentino che compongono il Candia (colore giallo paglierino più o meno intenso; profumo delicato, intenso, caratteristico; di sapore asciutto, talvolta morbido, fruttato, pieno, armonico, con retrogusto amarognolo; circa dodici gradi). Arrivati al Magra si è in Lunigiana, il vermentino da solo fornisce il bianco di Luni (colore paglierino più o meno intenso; odore intenso, caratteristico, fruttato; sapore asciutto, armonico, delicatamente mandorlato; circa dodici gradi). 
Oppure piegare verso l’interno. Risalire il Serchio, oltrepassare Lucca , raggiungendo Montecarlo e il suo bianco dall’uvaggio internazionale, pinot, roussanne, sauvignon, semillon, vermentino, amalgamati nel trebbiano toscano (colore paglierino più o meno intenso, limpidezza brillante; odore delicato, caratteristico; sapore asciutto, delicato, armonico; circa dodici gradi).
Proseguire poi per la Valdinievole a trovare il vino bianco omonimo prodotto da uve trebbiano e malvasia. Questa mescolanza di uve non è certo una novità, come si è visto finora. Le piccole aggiunte di altre uve però danno una qualche particolarità ai vini bianchi toscani, soprattutto nel colore. In questo caso, aggiunta di canaiolo e vermentino, invece del più probabile colore paglierino usuale per la coppia trebbianomalvasia, si ottiene un giallo dorato (colore giallo dorato chiaro, tendente al paglierino; odore lievemente vinoso, gradevole; sapore secco, vivace, armonico, talvolta leggermente tendente al frizzante; circa undici gradi). 
Siamo alle pendici del Montalbano. Il versante orientale è una delle sedi del bando di Cosimo III nel 1716. Gli etruschi ci facevano vino (ritrovati utensili da cantina e recipienti da vino), la prima citazione del vino è alla fine del XIV secolo (conferma da Ser Lapo Mazzei a Francesco di Marco Datini, di aver acquistato vino “Charmignano” per la sua cantina). L’uva Sauvignon (detta localmente “uva Francesca”), che i Medici hanno fatto venire dalla Francia, si aggiunge al “sangioveto” fin dal XVII secolo [54] . Con la composizione di sangiovese e canaiolo, più cabernet franc e/o sauvignon più altre eventuali si producono il “Carmignano” (immesso al commercio a partire dal 29 settembre del terzo anno successivo a quello di produzione delle uve) e il “Barco Reale”(come vino di un anno, pratica costante e razionale : ricordare il Brunello e il Vino Nobile). 
L’Arno è nei pressi. Risalendolo si oltrepassa Firenze fino a Pontassieve, da qui controcorrente alla Sieve si giunge a Rufina. Altro luogo di vitigni internazionali (pinot, merlot) che insieme al sangiovese e altri eventualmente aggiunti forniscono il Pomino (colore rosso rubino vivace, con sfumature granate più o meno intenso; odore vinoso, intenso e caratteristico; sapore asciutto, armonico, robusto, leggermente tannico nei prodotti giovani; circa dodici gradi).

[52] Questo breve “volo d’uccello” risulterà necessariamente limitato, sicuramente superficiale e certamente soggettivo.
[53] Le indicazioni organolettiche del vino sono riprese dal disciplinare.
[54] Corsi e ricorsi … … … !


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